Quella che avrebbe dovuto essere una lezione sulla comunicazione e la politica si è trasformata in realtà in un excursus sulla storia della Lega Nord, con qualche sfumatura ironica, senza lesinare su qualche nota polemica. Dai manifesti alle scritte sui muri, dall'esperienza di radio Varese alle copertine dei giornali, fino alla satira: l'ex Ministro ha illustrato i punti salienti della comunicazione di partito, sottolineando come la Lega abbia «inventato un nuovo linguaggio».
Abbondanti, invece, i richiami più o meno espliciti a una filosofia che sembra esaltare il vecchio proverbio tanto abusato "bene o male, l'importante è che se ne parli", ben rappresentato dalla Lega, soprattutto quella di Lotta, come viene definita nel suo ruolo all'opposizione. Quella stessa Lega che da sempre è stata tacciata di xenofobia e razzismo, quando in realtà si trattava di «una forte identità territoriale come atteggiamento positivo di tutela degli interessi di chi vive in un dato territorio».
Nonostante i toni forse un po' troppo celebrativi e agiografici, l'ex Ministro, attraverso un'analisi della sua esperienza personale, ha toccato per lo meno anche alcuni aspetti interessanti della politica, quali la passione e i principi di democrazia e libera espressione, che nessuno dovrebbe considerare scontati nella quotidianità del nostro Bel Paese.
Una nota importante è quella sulla distinzione fra comunicazione politica partitica e comunicazione istituzionale. Maroni ha spiegato coma da Ministro il suo compito fosse quello di realizzare il programma della Lega all'interno del programma dell'esecutivo, conciliando al Lega di Lotta con la Lega di Governo. «Poi, comunicare si comunica in modo diverso - ha precisato». «Non si parla più ad una platea indistinta, la comunicazione anzi diventa meno importante. Un buon Ministro, un buon Sindaco, deve far parlare i fatti».
Maroni, infine, si è congedato con una frase laconica, capace di riassumere pienamente la sua lezione in cattedra:
Un incontro, insomma, all'insegna delle massime personali e partitiche e in misura assai minore della formazione e della comunicazione politica.
Cosa ne penseranno dunque gli studenti?
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