venerdì 29 gennaio 2010

Big Brother cattedra di civismo? Ma non facciamo scherzi.

Sto leggendo un libro dedicato alla politica in tv, Politica Pop di Mazzoleni e Sfardini, e di tanto in tanto mi imbatto in qualche assurdità; ma la peggiore che ho incontrato fino ad ora è a pagina 102: "Ma è il reality show per eccellenza, Grande Fratello, ad apparire a vari studiosi, per quanto paradossale possa suonare, per certi versi una cattedra di civismo, specialmente attraverso il televoto. Stephen Coleman è stato il primo a studiare le dimensioni civico-politiche [ma vi pare possibile che ce ne siano? (ndr.)] del Big Brother, versione britannica [....] Coleman vi vede una fonte di "efficacia politica" per i telespettatori, e Hartley [che ha studiato dopo di lui numerosi altri reality del mondo anglosassone (ndr.)], allargando lo sguardo a tutti i formati quotidiani dell'intrattenimento televisivo, ritiene che essi "svolgano una funzione pubblica, rappresentando e insegnando aspetti della cittadinanza contemporanea a vasti ed eterogenei pubblici". In particolare il Big Brother "fa vedere azioni e meccanismi che ispirano i telespettatori a partecipare al processo elettorale."
A quanto pare Coleman, studioso e ricercatore londinese di Comunicazione Politica, in un suo saggio intitolato A Tale of Two Houses: The House of Commons, The Big Brother House and The People at Home ha analizzato le caratteristiche di queste due "case" e individuato due tribù distinte, una nel pubblico del Grande Fratello inglese, l'altra negli osservatori della Casa dei Comuni. Discutendo sul perchè queste due case e i due rispettivi pubblici siano così diversi e sulle possibili soluzioni per colmare in futuro questo "gap", sembra aver rintracciato nel format del Big Brother un esempio di civismo da seguire.
Ora, io non ho letto l'intero saggio, difficile da reperire, ma da quanto ho letto sul libro Politca Pop e nelle mie ricerche su Internet, sono giunto alle mie conclusioni, e le domande sorgono spontanee: ma stiamo scherzando vero? Che programma ha visto Coleman? A meno che la versione inglese sia profondamente differente da quella italiana, ma personalmente non credo, com'è possibile rintracciare tracce di "esempio di civismo da seguire" in una trasmissione dove volano insulti e bicchieri, dove tutti vanno con tutti e tutti si innamorano di tutti, e dove, senza offesa, l'ignoranza è di casa?
Forse, anche se io non sono di questa opinione, potremmo considerare il Grande Fratello un buon programma di intrattenimento, ma certamente non un esempio di civismo, perchè se quello è l'esempio da seguire, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione al processo elettorale, io preferisco essere un "cattivo cittadino".

giovedì 7 gennaio 2010

Mio commento pubblicato su Affaritaliani.it giovedi 7 gennaio 2010

Travaglismo? Il dibattito continua - Affaritaliani.it

“Forse non è il caso di fare di tutta l’erba un fascio. Se parliamo di “nuovi contestatori” dobbiamo stare attenti a quello che intendiamo. Chi vuole indicare il Professor Panarari? Si tratta dei contestatori di “oggi” o dei “contestatori della nuova generazione”? Forse non dovremmo dimenticare che fino ad una anno e mezzo fa al governo c’era il centro-sinistra, e di contestatori ce n’erano altrettanti. Dove sarebbero finiti? Non credo siano scomparsi o si siano tutti convertiti al travaglismo, al dipietrismo o ad altre innovative filosofie politiche. E allora perché non tenerli in considerazione?”

Così Marco Baruffato, 26 anni, varesino, freelance e addetto stampa interviene nel dibattito lanciato da affari sulle nuove generazioni politiche.

“Sinceramente quando penso al contestatore della nuova generazione, devo ammettere con rammarico, che qualche volta mi capita di pensare a gente che spesso non conosce nemmeno davvero quello per cui è sceso in piazza a protestare. Questi nuovi contestatori sono certamente figli «dell’epoca dei reality» e «dell’età della fine delle ideologie», ma anche figli di un epoca in cui la politica si è talmente spettacolarizzata e personalizzata da spersonalizzarsi, fino a diventare un “circo di nani e ballerine”, parafrasando una nota affermazione del socialista Rino Formica.

Il Professor Panarari mi trova d’accordo sulla frequentazione del mondo online come strumento di lotta politica delle classi più giovani, di opposizione e non ovviamente. Condivido soprattutto l’idea in merito al dibattito che creano in Internet, costretti però a subire «la mancanza di una dimensione politica reale. Assenza di riferimenti. Crisi profonda». Tuttavia credo siano due posizioni differenti a spingerci a parlare di assenza di una dimensione reale della politica. Perché mentre Panarari basa la sua opinione sulla «latitanza del partito» (il Pd) che non offre a questi giovani contestatori una base da cui partire, io ritengo che la ricerca di nuovi mezzi alternativi, per altro sempre più affollati anche dalla classe politica, sia espressione di un consapevole quanto inconsapevole rigetto della politica di oggi, che cannibalizza gli spazi mediatici, televisivi soprattutto, per mettere in scena di continuo il suo spettacolo.”

Poi prosegue disincantato nella sua disamina: “D’altra parte non si può più nascondere la testa sotto la sabbia per non vedere la “malattia” di cui soffre la nostra politica: una “mutazione genetica” che l’ha trasformata in Videpolitica.

La cosa che mi lascia più perplesso è il «sentimento» di cui parla Panarari in conclusione. E mi lascia perplesso perché, se anch’io sono convinto che la politica sia emotiva e che “gli attori sul palco” parlino alla “pancia della gente”, non mi sembra chiaro se per Panarari a “guidare” in piazza i contestatori sia la preoccupazione materiale per il proprio futuro o il sentimento di indignazione.”

E conclude: “Credo si tratti di entrambe le cose, anche se, pur non volendo sminuire in alcun modo i sensattottini e le generazioni precedenti che hanno combattuto per qualcosa, mi piacerebbe capire se davvero a muoverli fossero solo gli ideali; se siamo dunque solo noi giovani di oggi a preoccuparci del nostro futuro e a riempire le piazze per la «preoccupazione materiale». E questo tanto a destra quanto a sinistra, perché non si vive di sole ideologie o di qualcosa che gli somiglia. Specialmente in un epoca in cui le ideologie sono morte e l’unica cosa imperante è la Videopolitica, certamente più “Video” che “Politica”. Questo è il male contro cui si dovrebbe combattere, non il travaglismo, il berlusconismo o il dipietrismo.”


Non potevo non dedicare ampio spazio sul blog al mio commento pubblicato da Affaritaliani.it in merito al dibattito sulle nuove generazioni politiche scoppiato sulle pagine della testata online. Ringrazio vivamente il Direttore e la Redazione per averlo pubblicato integralmente senza revisioni significative. Vi lascio alla lettura...

Di seguito per correttezza il link diretto della pagina di Affaritaliani.it, dove troverete anche i link degli artcioli correlati. http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/travaglismo_dibattito_continua070110.html