Non si poteva non dedicare invece un singolo post ad un tema appena accennato da Fini, ma davero importante secondo me.
Sto parlando di Tangentopoli, spina nel fianco dei politici. Forse non molti se ne saranno accorti, ma l'argomento è emerso velatamente in un discorso sui costi della politica per il mantenimento dei partiti, specie in campagna elettorale.
Poiché non sono qui a fare del giornalismo, ma a offrire la mia opinione e la mia interpretazione, devo dire che ho avuto l’impressione che fra le righe si cercasse di dire che il dramma di tangentopoli fu causato solo da quello: i politici rubarono soldi alle casse dello stato per far vivere i loro partiti.
Ognuno dia l'interpretazione che desidera, ma questo spiega tutto per me: non è un colore che distingue un politico, ma l'idea stessa che quando si governa si entra a far parte di un qualcosa definibile come casta che lascia cittadino e democrazia sulla porta.
Ognuno è libero di pensare come vuole per fortuna, ma io ritengo che giustificare tangentopoli spiegando che i politici “prendevano” e non “rubavano” i soldi per la sopravvivenza dei loro partiti, è come dire che la shoah non sia mai esistita.
Andrea Catalano
Dopo i contrasti all'interno del PDL, l'on. Gianfranco Fini ha trovato il tempo per poter tenere una lezione presso l'Università dell'Insubria di Varese sull'informazione e sulla politica. Il presidente della Camera dei deputati ha dunque potuto intrattenersi su un argomento spinoso qual è il giornalismo al giorno d'oggi.
Da bravo demagoga e da uomo intelligente, ha mostrato un'apertura molto positiva verso Internet, asserendo che il web potrebbe abbattere persino le dittature, e questo senza porre nessun riferimento al “caso Italia”. Dopo questa premessa, l'on. Fini ha parlato di un connubio, molto esplicativo a mio giudizio, fra Politica, informazione e società. Se tutti i rappresentanti politici parlassero come l'ex leader di Alleanza Nazionale, verrebbe da chiedersi come mai la politica italiana faccia così tanta fatica a condurre il paese. Difatti la sua analisi è molto critica, discorre persino sul fatto che l'Italia è un paese strano dove ci si dilania per la par condicio e non si pensa mai al futuro poiché si volge lo sguardo perennemente al passato. Parole pure, belle e nobili da parte di chi però sta da quella parte della barricata.
Dopo un discorso sugli ovvi problemi della comunicazione italiana, è tempo di una riflessione molto interessante: oggi viviamo in una società degradata che desidera solo un certo tipo d'informazione, e questo di conseguenza porterebbe ad una scarsa comunicazione ma anche ad un livello di politica molto basso. Niente di nuovo purtroppo, se non la tacita giustificazione per un sistema che non funziona: è sicuramente vero che la nostra società è in crisi, ma l'informazione dovrebbe comunque cercare di migliorarla con la conoscenza. Tuttavia non sono un ipocrita e mi rendo conto che questo è più un'utopia che altro. Eppure la Politica, quella con la P maiuscola, non dovrebbe assoggettarsi a questo ordine delle cose, ma, rappresentando il meglio della società, dovrebbe guidarla e non ripiegarsi su se stessa.
Arrivato il momento delle domande, le cose non sono andate proprio per il verso giusto. Le risposte di Fini, molto elusive, tuttavia non rappresentano la sua ideologia politica né una in particolare, ma sono semplicemente le risposte di un politico che, sebbene si rifiuti di ammetterne l’esistenza, rimane parte di un sistema chiamato “casta”. E per casta non intendo l'accezione negativa del termine, ma “un qualcosa” che vede politici ed uomini comuni sotto un diverso punto di vista. Uno dei punti più dolenti a questo proposito è stato il tema delle intercettazioni. Interpellato sull’argomento, Fini le ha definite ingiuste poiché il loro abuso porta a coinvolgere spesso anche persone che non sono indagate. Se questo è vero, il problema è un altro: a parte che viene omesso il fatto che le intercettazione non possano più essere usate in tribunale, c'è da considerare che se un giornale non le può più pubblicare, saranno i giornalisti ad interpretarle e spiegarle, e questo è ancor più dannoso poiché le libere interpretazioni non sono fatti, e il giornalismo, quello vero, si sa, è fatto di fatti, permettete mio il giro di parole. Ed è strano che Fini, da giornalista consumato, non ci abbia pensato.
È quasi superfluo richiamare l’attenzione sull'unilateralità delle risposte date, dal momento che un ragazzo addirittura non ha nemmeno potuto controbattere ad un argomento spinoso, di fronte ad una chiara risposta evasiva… ma purtroppo si sa come vanno certe cose…
Andrea Catalano